Last update: 29 Settembre 2015
Introduzione
Un marcatore biologico è qualcosa che può essere misurato in modo affidabile e che ci può dare informazioni riguardo alla salute e allo stato di malattia dell’individuo: la presenza di una malattia, un cambiamento fisiologico, una risposta al trattamento o una condizione psicologica. Ad esempio, i livelli di glucosio sono utilizzati come biomarcatore nella gestione del diabete e immagini del cervello possono fornire informazioni circa la progressione della sclerosi multipla. I biomarcatori sono usati in molti campi della scienza e vengono utilizzati in modi diversi in stadi differenti dello sviluppo dei medicinali. L’accuratezza dei biomarcatori può variare; pertanto, non tutti i biomarcatori sono adatti allo sviluppo di farmaci.
I biomarcatori possono essere utilizzati per misurare:
- normali processi biologici nell’organismo (frequenza cardiaca, pressione arteriosa, temperatura);
- processi della malattia (patologici) nell’organismo (ad esempio, stadio della malattia);
- la risposta di un individuo a un trattamento o a un farmaco.
Alcuni esempi di biomarcatori sono:
- sostanze biologiche (biochimiche) come gli enzimi (sostanze biologiche che causano un cambiamento nell’organismo), che possono essere individuate nel sangue o in campioni di tessuto (utilizzate spesso nel cancro);
- cambiamenti genetici (DNA);
- immagini mediche, come immagini da risonanza magnetica (RM) o raggi X.
Scopi dell’utilizzo dei biomarcatori
I due obiettivi principali dell’utilizzo di biomarcatori nello sviluppo di farmaci sono i seguenti:
1. Miglioramento dei processi di sviluppo dei farmaci
Gli studi clinici cercano di misurare le risposte dei pazienti a un trattamento. Se non è possibile misurare le risposte direttamente, i biomarcatori possono fornire un metodo alternativo per misurare un esito (servono come endpoint surrogati).
Nell’utilizzo di biomarcatori convalidati come endpoint surrogati vi sono dei vantaggi, tra cui:
- potrebbero essere misurati in modo più veloce o, spesso, con una precisione più elevata;
- potrebbero essere influenzati in misura inferiore da altri trattamenti, potrebbero ridurre le dimensioni del campione richiesto e consentire ai ricercatori di prendere decisioni in modo più rapido;
- in malattie con prognosi sfavorevole, vi sono vantaggi importanti dal punto di vista etico nell’utilizzo dei biomarcatori come endpoint surrogati.
Un esempio evidente di utilizzo di un biomarcatore come endpoint surrogato proviene dallo sviluppo di farmaci antiretrovirali per il virus umano da immunodeficienza acquisita (Human Immunodeficiency Virus, HIV) e la sindrome da immunodeficienza acquisita (Acquired Immune Deficiency Syndrome, AIDS). In precedenza, gli studi si sarebbero basati su endpoint clinici hard come la progressione dell’infezione da virus dell’immunodeficienza acquisita in AIDS e/o la sopravvivenza del paziente. Oggi, possono essere utilizzati come endpoint surrogati i cambiamenti cellulari (come i livelli di “linfociti CD4”) e variazioni nei livelli di HIV RNA.
2. Adattamento del trattamento agli individui
La ricerca sui biomarcatori sta contribuendo a migliorare le previsioni riguardo al rischio di malattia in un individuo, alla progressione di malattia una volta diagnosticata e alla risposta di una persona a un farmaco. Ciò consentirà decisioni più sicure e più efficaci circa il trattamento.
Ad esempio:
- I livelli di zuccheri ematici di un paziente possono essere utilizzati per monitorare se un individuo stia rispondendo a un trattamento per il diabete.
- Le scansioni di risonanza magnetica (RM) del cervello di un paziente possono essere utilizzate per monitorare il progresso della malattia nella sclerosi multipla.
Inoltre, attualmente durante lo sviluppo di nuovi farmaci vengono scoperti e utilizzati molti nuovi biomarcatori. Molti di questi utilizzano la genomica (le analisi dei cambiamenti che si verificano a livello genetico), proteomica (le analisi delle variazioni dei livelli di proteine), e/o la metabolomica (le analisi delle differenze tra molecole chimiche aventi un ruolo importante nelle funzioni dell’organismo/cellulari).
Biomarcatori nello sviluppo di farmaci
La ricerca sui tumori (oncologia) è stata una delle prime aree in cui è stato adottato l’utilizzo di tali biomarcatori. Questi ultimi vengono usati per rendere più efficaci gli studi esplorativi (studi iniziali, studi di prova di concetto di Fase II) su farmaci. In uno studio di conferma (studi di fase avanzata, Fase III), solo un numero limitato di biomarcatori può essere usato come endpoint clinico. In studi di fase avanzata, i biomarcatori possono essere utilizzati in combinazione con esiti clinici (endpoint clinici).
Per alcuni medicinali, solo una minoranza di pazienti potrebbe rispondere. Nel caso di studi clinici che utilizzano misure di biomarcatori, è importante identificare tali pazienti.
Usi e benefici di biomarcatori nello sviluppo di farmaci
Diagnostica di accompagnamento
La diagnostica di accompagnamento consiste di test che vengono convalidati e autorizzati per la commercializzazione assieme a un nuovo farmaco.
Il test potrebbe contribuire a raggiungere i seguenti obiettivi:
- Selezionare pazienti che probabilmente risponderanno a un farmaco
- Escludere quei pazienti che probabilmente avranno una reazione indesiderata
- Determinare la dose migliore per un paziente.
Molte aziende che sviluppano terapie mirate per il cancro hanno iniziato anche a considerare i potenziali benefici dello sviluppo di una diagnostica da abbinare a tali trattamenti. La tendenza è di sviluppare insieme farmaci e diagnostica di accompagnamento, piuttosto che condurre i due sviluppi in modo separato.
Farmaci
A ciascun stadio dello sviluppo di un nuovo farmaco, molti composti in esame non avranno successo e non saranno portati avanti. I biomarcatori hanno il potenziale di accrescere l’efficienza dello sviluppo dei farmaci.
- Velocizzazione degli studi clinici
I biomarcatori possono essere usati per rilevare un effetto (o la sua mancanza) in anticipo o più frequentemente rispetto a quando viene utilizzato solo un esito (endpoint) clinico. Ad esempio:
- Nelle fasi iniziali di uno studio clinico per il trattamento della psoriasi, è stato utilizzato un pannello di biomarcatori. Questi comprendevano lo “spessore epidermico” (lo spessore dello strato più esterno della pelle) e i livelli di attività di diversi geni. Entrambi sono stati misurati in campioni di tessuto.
- Ottimizzazione degli studi clinici
I biomarcatori vengono utilizzati per identificare i pazienti che sono più adatti per un trattamento. Specificamente, i biomarcatori genomici possono essere utilizzati per i seguenti fini:
- Identificare i pazienti con un particolare sottotipo o gravità della malattia.
- Escludere i pazienti con un rischio maggiore di effetti collaterali (reazioni indesiderate) gravi: ad esempio, i pazienti con melanoma sono a rischio di peggioramento della loro condizione se i loro tumori non hanno una certa mutazione nel gene “BRAF” e vengono trattati con inibitori della chinasi.
- Identificare i pazienti con un’elevata probabilità di ricevere benefici da un particolare farmaco
- Progressi della nostra conoscenza I biomarcatori possono migliorare la comprensione della modalità di funzionamento di nuovi farmaci e portare ad approcci innovativi nello sviluppo di farmaci sia nelle fasi non cliniche che in quelle cliniche.
- Miglioramento dell’etica nel reclutamento degli studi I biomarcatori possono contribuire a escludere individui che non trarranno benefici dall’iniziare un trattamento non utile, apportando quindi un beneficio etico.
- Miglioramento del monitoraggio degli studi e dell’interruzione precoce di studi non utili
I biomarcatori possono essere d’aiuto nel decidere riguardo all’interruzione anticipata di uno studio, nel caso in cui i pazienti partecipanti allo studio non abbiano ottenuto benefici.
- Velocizzazione dell’autorizzazione
Un farmaco che sta avendo un effetto positivo può essere autorizzato prima sulla base delle informazioni fornite dai biomarcatori e quindi può essere prescritto in anticipo ai pazienti che ne beneficeranno.
Sfide nell’utilizzo di biomarcatori nello sviluppo di farmaci
Le aziende stanno affrontando nuove sfide tecniche, normative ed etiche, mano a mano che aumenta l’uso di biomarcatori nella ricerca farmaceutica.
Sfide tecniche
- I biomarcatori utilizzati in studi clinici devono essere convalidati tramite evidenze scientifiche per garantire che l’analisi del biomarcatore sia sufficientemente accurata, affidabile, sensibile e specifica.
- Necessità di garantire che il biomarcatore sia una misura valida. Ad esempio, se un certo biomarcatore deve essere utilizzato per predire quanto possa diventare grave una malattia, vi sono sufficienti prove di tale “capacità predittiva” con questo biomarcatore?
- I sistemi informativi per la gestione e l’analisi dei dati devono essere affidabili e veloci al fine di gestire la quantità di dati generati. Tutte le misurazioni dei biomarcatori devono essere collegate correttamente con singoli pazienti.
- Nei casi in cui sia necessario prescrivere l’utilizzo di una diagnostica di accompagnamento per un nuovo farmaco, potrebbe essere necessario sviluppare una nuova piattaforma o un nuovo kit per esaminare i pazienti in clinica. Durante grandi studi di conferma del farmaco (Fase III), di solito dovrà essere disponibile l’utilizzo dell’informatica; questa deve essere inoltre convalidata e la sua precisione e utilità clinica devono essere analizzate.
Sfide normative
Nello sviluppo di farmaci, la normativa relativa all’uso di metodi innovativi come i biomarcatori si sta evolvendo. “Biomarcatori” e “endpoint surrogati” non sono termini intercambiabili. Affinché sia utilizzato un biomarcatore come endpoint surrogato, saranno svolti degli studi per valutare la relazione diretta del biomarcatore con:
- lo sviluppo della malattia
- un trattamento con un endpoint clinico importante.
L’Agenzia europea per i medicinali (European Medicines Agency, EMA) ha sviluppato un’esperienza considerevole nella valutazione dei benefici e dei limiti potenziali dell’uso di biomarcatori a fini normativi. Gli sviluppatori di biomarcatori innovativi sono incoraggiati a mettersi in contatto con le autorità di regolamentazione durante gli stadi iniziali e possono presentare all’EMA i loro progetti per l’utilizzo di biomarcatori.
La convalida dei biomarcatori affinché soddisfino gli standard normativi può essere complessa e costosa. È particolarmente difficoltosa se un biomarcatore viene utilizzato come endpoint surrogato. In questo caso, è necessario uno specifico studio clinico, progettato per analizzare il rapporto tra il biomarcatore e l’endpoint clinico.
Nell’Unione europea (UE), i farmaci e la diagnostica sono regolamentati in modo differente. Il brevetto di un medicinale assieme a quello di una diagnostica di accompagnamento aggiunge un elemento di complessità supplementare al processo di autorizzazione.
Sfide etiche
Molte delle questioni etiche che scaturiscono dalla ricerca sui biomarcatori sono legate alla conservazione e all’utilizzo dei campioni di tessuto e alla gestione associata dei dati medici personali.
In più, sono state sollevate questioni aggiuntive circa l’impatto di farmaci mirati (che si basa ampiamente sulla ricerca biomedica). Poiché i trattamenti mirati portano benefici solo a sottopopolazioni di pazienti che rispondono ad essi, la sfida è garantire che siano sviluppati medicinali per coloro che non ricadono in tale sottopopolazione.
Ulteriori risorse
- Gruppo di lavoro di farmacogenomica nell’industria (2012). Comprendere lo scopo, l’entità e i benefici per la salute pubblica della ricerca esplorativa sui biomarcatori. Orientamenti per i Comitati etici (CE) e per il personale dei centri che si occupa delle sperimentazioni. Scaricato l’1 settembre 2015 da http://i-pwg.org/index.php?option=com_docman&task=doc_download&gid=187&Itemid=118
A2-1.07-v1.1