Intervista con Victoria Thomas

Last update: 25 Luglio 2023

Trascrizione

Ciao, mi chiamo Victoria Thomas e sono la responsabile per il coinvolgimento del pubblico presso un’organizzazione chiamata Istituto Nazionale per la salute e l’eccellenza clinica, noto anche come NICE, con sede nel Regno Unito.

NICE è un’organizzazione nazionale presente nel Regno Unito che produce un orientamento sull’utilizzo di farmaci singoli e dispositivi e meccanismi di cura per i pazienti del servizio sanitario del Regno Unito.

Conduco un piccolo team di persone il cui unico proposito è di assicurare che la voce dei pazienti, dei prestatori di cure e del pubblico sia rappresentata in tutto ciò che NICE realizza. Quando NICE venne fondato nel 1999, stabilì come obiettivo garantire che tale voce fosse sempre ascoltata. Non è qualcosa che dovette essere aggiunto in una data successiva, è qualcosa che è stata sempre parte del modo in cui abbiamo lavorato. Poiché NICE e il team di supporto a questo lavoro si sono ampliati nel corso degli anni, abbiamo aumentato il numero di persone con cui lavoriamo fino al punto che in ogni momento supportiamo circa 250-300 persone. Disponiamo di una combinazione di strategie di coinvolgimento per mezzo delle quali lavoriamo con un’organizzazione che parla per conto dei pazienti e degli utenti del servizio. Lavoriamo anche con pazienti e prestatori di cure e utenti del servizio singoli. Fanno parte dei nostri comitati decisionali.

Il fatto che questo sia stato sempre parte del lavoro di NICE, penso che sia stato veramente importante per noi. Vedo che molte altre organizzazioni cercano di aggiungere il coinvolgimento dei pazienti al loro lavoro e lo trovano veramente molto difficile. Penso che abbiamo sempre avuto supporto dalla nostra dirigenza e dal nostro comitato, cosa che ci ha davvero aiutato. Quello che abbiamo notato nel corso degli anni è che gli outcome del nostro lavoro, i prodotti che stiamo producendo, l’orientamento che stiamo scrivendo, sono migliori grazie a pazienti e prestatori di cure che ci forniscono evidenze per loro importanti, in modo che possiamo prendere delle decisioni che siano le più significative possibile per la popolazione a cui sono rivolte.

IN CHE MODO NICE COINVOLGE I PAZIENTI ESPERTI NEI PROCESSI DEL SUO LAVORO?

Lavoriamo a un livello consultivo con organizzazioni dei pazienti. Tutto quello che produciamo lo redigiamo sotto forma di bozza in modo che possano commentarlo e offrirci il beneficio dei loro punti di vista. Chiediamo loro di presentare le evidenze di cui possano disporre e di cui non siamo a conoscenza o che non troveremmo in una normale revisione in letteratura. Insieme a questo, cosa molto importante, e probabilmente il fulcro del lavoro che io e il team facciamo, è il coinvolgimento diretto dei pazienti e dei prestatori di cure nei nostri comitati. Arruoliamo persone all’inizio dello sviluppo di un comitato. Mettiamo un annuncio sul nostro sito web e chiediamo alle persone di fare domanda per partecipare in modo molto simile a come farebbe con una domanda per un posto di lavoro. Abbiamo una descrizione del lavoro, le specifiche della persona, e chiediamo alle persone di fare domanda se sono interessati a un particolare argomento o a lavorare in un determinato campo. Abbiamo una combinazione di persone che di solito sono pazienti che hanno un interesse generale nel servizio sanitario e nei servizi sanitari e abbiamo anche persone che sono molto interessate a una particolare tematica. Potremmo avere qualcuno che desidera lavorare con noi il quale è interessato ai disturbi alimentari o alla schizofrenia o all’epilessia o qualsiasi serie di diversi temi. Reclutiamo quelle persone affinché lavorino assieme a operatori sanitari e assistenti sociali, accademici, ricercatori, in modo da lavorare in modo multidisciplinare e da garantire una focalizzazione sul paziente in tutto quello che facciamo.

QUALI SONO LE SFIDE IN QUESTO TIPO DI LAVORO?

A volte abbiamo una sfida per la quale come organizzazione nazionale dobbiamo prendere delle decisioni a livello della popolazione. Dobbiamo prendere decisioni su quella che potrebbe essere la migliore terapia per la popolazione di pazienti in generale, ad esempio con un particolare disturbo. Ma i singoli pazienti potrebbero avere di fatto punti di vista differenti riguardo alle loro cure, potrebbero avere un’esperienza di cura molto particolare che è molto diversa dalla media della popolazione. A volte vi è possibilità di tensione tra ciò che il singolo paziente vuole ottenere dalla propria cura e quello che potrebbe la migliore pratica secondo le evidenze e per la popolazione in generale. E così abbiamo iniziato a lavorare anche in un campo chiamato condivisione delle decisioni. Portiamo… stiamo cercando di portare unione nel dialogo tra paziente e medico in modo che possano collaborare e arrivare alle migliori soluzioni possibili per quel singolo paziente.

COM’È CAMBIATO IL TUO LAVORO NEL CORSO DEL TEMPO E QUALI ALTRI CAMBIAMENTI VORRESTI VEDERE IN FUTURO?

Quando ho iniziato a lavorare in questo ambito la prima volta, vale a dire molti anni fa, incontravo moltissime persone che non pensavano che questo fosse un lavoro utile, che non pensavano ne valesse la pena. Nel corso degli ultimi 15 anni ho visto le cose cambiare. Abbiamo un numero molto minore di persone che pensano che siamo politically correct ad avere un paziente nella stanza. Le persone stanno iniziando a capirne molto di più il valore. Nessuno lo mette in dubbio come si faceva 15 anni fa.

Se potessi cambiare qualcosa penso che avrei molti più pazienti nei nostri gruppi. Penso che creerei un maggiore equilibrio in quei comitati in modo da avere una voce dei pazienti più forte. Abbiamo almeno 2 pazienti nella stanza in ciascuno dei nostri incontri dei comitati ma a volte non è abbastanza. È necessaria una gamma ben maggiore di punti di vista e di esperienze.

Accade qualcosa quando porti qualcuno in sala e questa persona può interagire alla pari con operatori sanitari e accademici e professori e… il fatto che tutti i presenti nella stanza siano alla pari nello sforzo a volte è veramente qualcosa di magico per i pazienti. Permette loro di sentirsi sicuri e di migliorare la loro stima.

C’è davvero qualcosa di fantastico in questo lavoro che non solo aiuta noi decisori politici a prendere decisioni davvero buone con e per i pazienti, ma che di fatto restituisce veramente qualcosa ai pazienti stessi. Ne ricavano veramente qualcosa da quello anche come individui.

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