Intervista con Luís Mendão sull’attivismo nell’ambito dell’epatite C

Last update: 24 Luglio 2023

Trascrizione

Mi chiamo Luís Mendão. Sono portoghese, ho 58 anni e vivo con l’AIDS. Fino a poco tempo fa ero coinfetto con epatite C. L’epatite C era una malattia del fegato molto avanzata. Ero una di quelle persone che non poteva essere curata, ma non solo non potevo essere curato, non potevo sopportare il precedente trattamento di interferone pegilato con riba, o interferone pegilato, riba e qualsiasi altro farmaco perché l’interferone pegilato era insopportabile per me, oltre a non funzionare. La percentuale di persone che vivono con l’HIV e che erano coinfette con epatite C in Italia, Francia, Spagna e Portogallo era molto alta. Anche in molti altri paesi, ma diciamo che questo era il mio modello di riferimento. Nei primi anni Duemila abbiamo iniziato a vedere che le persone hanno smesso di morire di AIDS o di essere ammalate gravemente, per una cirrosi epatica o un cancro al fegato scompensati ecc. Il tasso di decessi tra di noi stava diventando molto più alto a causa delle malattie al fegato e principalmente per l’epatite C più che per l’AIDS stesso.

Nel 2005, credo, c’è stato il primo Giorno dell’epatite che venne celebrato presso l’Organizzazione mondiale della sanità in Europa a Copenhagen. Rappresentavo l’EATG con un discorso. L’ho trovato di recente. Secondo la mia opinione, tale discorso fu molto critico su quella che sarebbe stata la strategia che gli attivisti del trattamento e i difensori del trattamento e le persone che si occupano di ricerca e sviluppo avrebbero… lottare per avere farmaci migliori, più sicuri e più efficaci per il trattamento dell’epatite C. Nel 2006-2007 l’EATG ha iniziato un incontro annuale con molti portatori d’interesse per due o tre giorni a Sitges, un piccolo villaggio, carino, in Spagna, dove abbiamo riunito le agenzie, l’industria farmaceutica, i ricercatori, gli specialisti e la comunità per mettere in evidenza i bisogni delle persone coinfette – non solo, ma soprattutto perché avevamo un’organizzazione per l’AIDS – per non essere messi da parte nel processo di ricerca e sviluppo.

Penso che sia stato per noi un grande successo. Juan Tallada è stato il padrino dell’iniziativa. Nel 2008, abbiamo tenuto il terzo incontro di Sitges dove abbiamo incontrato esperti del trattamento provenienti dal Nord America, persone dall’Europa e anche persone monoinfette. EATG e io stesso al tempo proponemmo di creare un comitato consultivo di comunità solo per l’HCV, e venne chiamato il Comitato consultivo della comunità dell’HCV. Era la prima volta a quanto so che chiedevamo di incontrare tutte le aziende che avevano un portfolio nell’ambito dell’HCV che avevano incontrato o conoscevano la maggioranza dei grandi esperti provenienti dalla comunità, dal Nord America e dall’Europa. Mi sono aperto a persone provenienti da fuori dell’Europa e dagli Stati Uniti, in ogni caso è stata la prima volta che avevamo una piccola organizzazione molto concentrata con una missione molto definita che ha messo insieme nella stessa stanza attivisti e difensori dall’Europa, dagli Stati Uniti e dal Canada, naturalmente.

Penso che sia stato per noi un grande successo. Abbiamo incontrato tutte le aziende. Abbiamo fatto quello che vuol dire il nome: Comitato consultivo di comunità. Fornivamo una consulenza all’industria farmaceutica e ai ricercatori in relazione a ciò che volevamo vedere, cosa non accettavamo riguardo a quello che osservavamo e quale sarebbe stata la direzione che ritenevamo importante. Allo stesso tempo, il Comitato di consulenza di comunità ha avuto un ruolo cruciale anche nei confronti della FDA e dell’EMA. Ricordo che leggemmo insieme le nuove linee guida per lo sviluppo dei DAA della FDA e dell’EMA, fu nel 2007, probabilmente? Fornimmo diversi commenti e credo che solo due, piccoli, vennero accettati. Ricordo meglio i risultati della situazione europea. Nel 2009, chiedemmo una revisione di queste linee guida dell’EMA, e venne adottata nel 2010. Non solo venne accettata ogni singola proposta che avevamo fatto due anni prima, ma sembrarono anche un po’ prudenti, i commenti che inserimmo. Penso che, di nuovo, i disegni dello studio clinico, il percorso per l’approvazione è stato davvero modificato profondamente dall’input della comunità, che non avremmo questi tassi di cura del 99% per quasi tutti gli individui con genotipi differenti, con differenti disturbi, a diversi stadi della malattia, se non ci fosse stato il nostro significativo contributo tra il 2007 e il 2011, che furono i momenti critici per la sua definizione.

Abbiamo lottato moltissimo, perché molti di noi capivano che i due primi DAA che vennero immessi in commercio: uno di Janssen, uno di Merck o MSD in Europa, boceprevir e telaprevir, erano un valore aggiunto, ma non erano adatti per gli individui che erano più malati. Erano molto difficili da assumere. Avevano una grande quantità di effetti collaterali. Un anno dopo la loro approvazione, richiedemmo che fossero tolti dal commercio. Fu una situazione molto tesa. Adesso, più o meno, questi farmaci sono per così dire terminati per morte naturale. Fu una lotta perché era anche una delle prime volte in cui in relazione a un nuovo farmaco vi era una questione importante dal punto di vista strategico, ma i farmaci menzionati smisero immediatamente di avere un ruolo significativo.

La seconda situazione fu che molte aziende farmaceutiche, tutte le aziende farmaceutiche in quel momento svilupparono tre farmaci con interferone, ed eravamo molto chiari che desideravamo un percorso per sbarazzarci dell’interferone. Le aziende e gli enti di regolamentazione hanno resistito per due anni a consentire studi clinici senza comparatori, solo comparatori storici ecc. Quindi, penso che abbiamo velocizzato il percorso che è giunto a dove ci troviamo adesso riguardo all’epatite C, penso che il ruolo di EATG e della comunità europea nell’HIV è stato cruciale. Penso anche che la nostra legittimità venisse dal fatto che alcuni noi vivessero con l’epatite, quindi non stavamo dando lezioni, stavamo parlando delle nostre vite. Penso che abbiamo svolto anche dei buoni sforzi diplomatici per mettere insieme diversi settori della comunità: i monoinfetti, quelli che erano infetti a causa degli ospedali e delle cure mediche, quelli che erano infetti provenienti dalla comunità di consumatori di droghe. È stata una cosa piuttosto difficoltosa, ma penso che soprattutto abbiamo avuto successo in questo.

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