Intervista con Jan Geissler

Last update: 19 Luglio 2023

Trascrizione

Mi chiamo Jan Geissler. Ad oggi sono stato difensore dei pazienti per quindici anni. Nel 2001, mi è stata diagnosticata una leucemia mieloide cronica. A quel tempo, le prospettive di tale diagnosi apparivano davvero cupe. Ho partecipato a uno studio clinico di Fase I e II, ricevendo due farmaci sperimentali, la ricerca quindi è stata in effetti parte del mio primo percorso come paziente a quel tempo. Questa è anche la ragione per cui mi sono così interessato alla ricerca. E sono diventato un difensore dei pazienti provando a comprendere cosa stava accadendo nella ricerca e cercando di tradurlo in un linguaggio adatto per i pazienti in modo che altri in Germania i quali non potevano capire cosa venisse pubblicato in inglese avessero l’opportunità di comprendere differenti opzioni di trattamento rispetto a quelle di cui disponevano.

Nel corso degli anni, mi sono fortemente impegnato in relazione al protocollo di ricerca, nella revisione di studi clinici, nei documenti di consenso informato, nella comunicazione relativa alla ricerca e così via. Dall’essere un individuo affetto da cancro, mi sono trasformato in un difensore per i pazienti per poter dare loro accesso a informazioni riguardanti la ricerca, e questo mi ha seguito praticamente nel corso degli ultimi 15 anni da quando mi venne diagnosticato il cancro. A proposito, sono stato coinvolto anche nello sviluppo della roadmap sul coinvolgimento dei pazienti in R&D, poiché sappiamo che le organizzazioni di pazienti, in particolare nell’HIV, sono state impegnate nella ricerca per vent’anni, mentre nel cancro è una cosa molto più nuova, ma non a livello sistematico perché non vi era un sistema per cui l’industria, i ricercatori accademici e gli enti di regolamentazione potessero coinvolgere i pazienti, ed è per questo che abbia disegnato una roadmap, davvero, per comprendere tutti le diverse fasi nell’intero sviluppo dei farmaci in cui i pazienti possono essere coinvolti e in che modo possono essere coinvolti.

In effetti svolgo due ruoli. Il mio ruolo principale dal punto di vista professionale è di essere il Direttore dell’Accademia europea dei pazienti, che è un progetto della durata di cinque anni. È stata una delle cose più entusiasmanti che abbia fatto come difensore dei pazienti a causa di quello che ho dovuto imparare molto duramente come difensore… imparare facendo cose. Insegniamo a pazienti e difensori di pazienti come essere coinvolti in R&D in un modo molto sistematico. Allo stesso tempo, mi impegno ancora come difensore dei pazienti. Sono uno dei cofondatori e leader di una rete mondiale di centonove organizzazioni in ottantadue paesi nella leucemia perché faccio ancora lavoro di base. Sono coinvolto nel disegno di ricerca e lavoro con ricercatori per realizzare una migliore ricerca per i pazienti. In effetti svolgo dure ruoli, come volontario e come professionista.

IN CHE MODO IL PROGETTO EUPATI SI È EVOLUTO NEL TEMPO?

Quando abbiamo iniziato nel 2012, il progetto era pionieristico in un modello di partnership pubblico-privata. Tutte le parti interessate in relazione alla ricerca e allo sviluppo erano in effetti all’inizio della loro collaborazione. A quel tempo, era una questione di noi e loro, quindi l’industria pensava a come fossero le organizzazioni dei pazienti, le organizzazioni dei pazienti pensavano a come fosse l’industria, l’università pensava a quello che i pazienti dovevano imparare riguardo all’R&D. Ognuno era ancora molto nel propri contenitore. Penso che nel corso tempo non solo abbiamo sviluppato questo processo affinché possa educare con successo circa cento pazienti esperti e adesso circa quarantamila persone hanno utilizzato il nostro toolbox online in sette lingue, ma oltre a questo i nostri contenitori si sono dissolti. Oggi lavoriamo insieme come un team. Tutti hanno interessi. Ognuno ha un diverso background, e penso che questa sia la cosa grandiosa a riguardo.

Penso che anche quando questo progetto terminerà, che questo tipo di partnership e di comprensione degli interessi, dei punti di forza e delle debolezze di ciascun portatore d’interesse continuerà. Penso che ciò abbia cambiato in modo importante le modalità di conduzione dell’R&D. Quando abbiamo iniziato, nel 2012, il coinvolgimento dei pazienti in R&D veniva svolto da qualche parte, ma non vi era alcun dibattito pubblico in merito. Oggi ne parlano tutti, in occasione delle conferenze di medicina, nei forum dell’industria, nei gruppi di ricerca accademici, negli enti di regolamentazione, nelle politiche a livello europeo e nazionale. Oggi se ne discute, diciamo, dappertutto, e penso che EUPATI, l’Accademia europea dei pazienti, abbia avuto una parte importante nel fare sì che tale dibattito e tale collaborazione abbia avuto inizio.

QUAL È IL FUTURO DI EUPATI?

Per cinque anni abbiamo ricevuto finanziamenti pubblici per la conduzione di questo progetto, come consorzio finanziato pubblicamente. Dall’inizio, abbiamo avuto un pacchetto di lavoro che si è occupato della sostenibilità poiché era chiaro che tale progetto avrebbe cambiato i giochi. Sarà qualcosa che costituisce l’accademia, l’università, il corso, il toolbox, ma il suo sfruttamento, l’utilizzo, verrà quando tutto è stato sviluppato. Abbiamo lavorato molto duramente, e adesso possiamo dire con orgoglio che questo programma proseguirà nel 2017. Funzionerà come un programma condotto dai pazienti, nell’EPF, con uno spirito di partnership pubblico-privata, con tutti i partner coinvolti, e continuerà a condurre il corso perché, al momento, abbiamo formato novantotto difensori dei pazienti nel corso dei due anni, ma vi sono più di cinquemila malattie. Vi sono più di duecento tipologie di cancro.

Vi sono così tanti altri disturbi cronici differenti. Abbiamo bisogno di un difensore, alla fine, in ogni tipo di malattia, quindi il corso deve continuare. È necessario mettere a disposizione il toolbox. È necessario aggiornarlo costantemente poiché la normativa sta cambiando, con la normativa sugli studi clinici che entrerà in vigore molto presto, quindi abbiamo bisogno di proseguire la nostra missione. Abbiamo fatto il lavoro preparatorio, quindi EUPATI continuerà come un’iniziativa molto solida, forse persino un’istituzione, dal prossimo anno, quando questa prima fase di finanziamento terminerà. Per me, è solo la prima fase di un continuo sforzo per rendere più forti i pazienti nell’ambito dell’R&D.

COME MAI EUPATI È COSÌ SPECIALE?

È la prima volta in cui, in qualità di difensore dei pazienti, ho fatto esperienza di pazienti affetti da diabete che lavorano con pazienti oncologici, con individui con malattie rare, che otteniamo questo collegamento incrociato tra l’esperienza con l’HIV, lo spirito pionieristico dei gruppi delle malattie rare, l’esperienza dei gruppi in oncologia, poiché questo è uno dei problemi maggiori della società. Tutti questi difensori che collaborano, a un livello professionale, condividendo migliori pratiche, questa è una delle cose più fantastiche, che non ho visto anche nell’ambito della difesa dei pazienti, anche perché tendiamo a lavorare nei contenitori delle nostre rispettive malattie, nelle nostre rispettive comunità. Penso che EUPATI ha davvero modificato tutto questo in modo che tutti lavorino insieme tra malattie, anche nel campo della difesa dei pazienti. È veramente fantastico.

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