Analisi dei risultati dello studio clinico

Introduzione

Quando le società farmaceutiche conducono studi clinici, i dati medici dei pazienti partecipanti (ma non la loro identità) vengono raccolti in un database computerizzato insieme ai risultati delle misurazioni eventualmente effettuate. Vengono quindi condotte analisi statistiche per valutare formalmente i risultati dello studio.

La analisi dei risultati degli studi clinici coprono tre aree di interesse:

  • Dati demografici e dati di base
  • Efficacia
  • Sicurezza

Di seguito queste aree sono descritte in maggior dettaglio. Il tipo e il disegno dello studio clinico svolgono un ruolo importante nell’interpretazione delle analisi statistiche.

Dati demografici e dati di base

Chi ha partecipato allo studio? Gli effetti di un farmaco possono differire considerevolmente nei diversi gruppi di pazienti. Quindi è importante conoscere i dati dettagliati di tutti i pazienti dello studio, come:

  • Età
  • Sesso
  • Origine etnica
  • Gravità della malattia

In genere, maggiore è la corrispondenza tra un gruppo di studio e una popolazione di interesse, più rilevanti saranno i risultati.

Efficacia

Qual è stata l’efficacia del farmaco dello studio? Questa parte dell’analisi si basa su “endpoint” predefiniti, misurazioni specifiche correlate alla malattia in questione. Gli endpoint vengono specificati in anticipo nel protocollo dello studio (il documento che descrive in dettaglio come verrà condotto lo studio).

In genere gli endpoint possono essere classificati come:

  • Endpoint ‘hard’: endpoint che assumono la forma di dati numerici con un’importanza clinica intrinseca. Per esempio, quanto a lungo è sopravvissuto il paziente o quale percentuale di pazienti è guarita da un’infezione.
  • Endpoint “soft”: endpoint potenzialmente influenzati dal processo di misurazione o che hanno una riproducibilità discutibile. Per esempio, un questionario sulla qualità della vita o la descrizione dell’umore del paziente in un dato momento. Per poter essere sottoposti ad analisi statistica, gli endpoint “soft”devono essere convertiti in formato numerico. Questo processo può essere controverso perché spesso si basa su dati soggettivi e può presentare incongruenze.
  • Endpoint “surrogati”: endpoint che, di per sé, non fanno parte dell’esperienza della malattia del paziente, ma possono essere strettamente correlati a essa. Per esempio, i risultati delle analisi di laboratorio.

In genere gli endpoint hard sono preferibili agli endpoint soft o a quelli surrogati. Gli endpoint soft e quelli surrogati devono essere valutati attentamente per verificare quanto siano rappresentativi della malattia studiata.

La scelta degli endpoint da utilizzare dipende fortemente dalla natura della malattia oggetto dello studio. Per esempio, il cancro offre evidenti endpoint hard sotto forma di sopravvivenza mentre una valutazione della depressione deve inevitabilmente coinvolgere endpoint più soft. Altre malattie, come il diabete, sono associate a endpoint surrogati stabiliti, come i livelli della glicemia.

Sicurezza

Quali effetti collaterali ha presentato il farmaco? Ogni volta che il medico che conduce uno studio clinico visita un paziente, gli/le domanda se ha sperimentato effetti negativi. Le informazioni su questi eventi avversi vengono raccolte e successivamente analizzate per fornire dati su un possibile rapporto causale con il farmaco studiato. Se viene appurata l’esistenza di questo tipo di rapporto, l’evento avverso diventa una “reazione indesiderata” o effetto collaterale. Una particolare attenzione viene prestata alle reazioni indesiderate “gravi”, cioè quelle che possono mettere a repentaglio la vita o portare alla morte, al ricovero in ospedale o ad anomalie congenite.

Tipo di studio clinico

Gli studi clinici presentano una notevole variabilità di dimensioni, durata e disegno. Questi fattori svolgono un ruolo importante nell’interpretazione dei risultati dello studio.

Il disegno dello studio clinico che fornisce la maggior quantità di informazioni è lo studio di “confronto randomizzato in doppio cieco”, in cui alcuni pazienti ricevono il nuovo farmaco mentre altri ricevono un trattamento alternativo. Il trattamento alternativo, a volte chiamato controllo, può essere:

  • Un placebo, cioè un trattamento falso, inattivo
  • Un comparatore attivo, in genere un trattamento di efficacia dimostrata della malattia in studio.

I partecipanti sono allocati casualmente a ogni gruppo dello studio. Lo studio viene impostato in modo che, durante il suo svolgimento, né il medico né il paziente sa chi sta ricevendo un determinato tipo di trattamento. Un’impostazione di questo tipo dello studio è chiamata “in doppio cieco”a doppio mascheramento. Il doppio mascheramento riduce la possibilità di distorsioni nei risultati.

In questi studi i risultati sono presentati in termini di differenza tra il gruppo che riceve il nuovo farmaco e il gruppo che riceve il trattamento di controllo:

  • Nei casi in cui il confronto è con un placebo, questa differenza è una misura dell’effetto reale del nuovo farmaco.
  • Nei casi in cui il confronto è con un comparatore attivo, la differenza fornisce informazioni sull’azione del nuovo farmaco rispetto alla pratica medica corrente.

In entrambi i casi, generalmente vengono riportati due aspetti della differenza:

  • Dimensioni: Spesso sono espresse come la differenza effettiva registrata in uno studio particolare insieme a un “intervallo di confidenza al 95%”. Si tratta dell’intervallo entro cui si può essere sicuri al 95% della presenza di una reale differenza per la popolazione. Sebbene sia possibile rilevare una significatività statistica, questa può non essere clinicamente rilevante. In generale, maggiore è questa differenza, più elevata è la probabilità che sia clinicamente rilevante (un aumento della sopravvivenza di un anno ha una maggiore rilevanza clinica di un aumento di un giorno).
  • Significatività statistica: Dato che alcuni individui rispondono meglio di altri al trattamento, esiste sempre il rischio che la differenza tra i gruppi osservata in uno studio clinico possa essere casuale. Per esempio, se tutti i risponditori intrinsecamente buoni sono stati randomizzati in un gruppo e i cattivi risponditori nell’altro. Gli statistici sono in grado di calcolare la probabilità che questa situazione si sia verificata in un particolare studio clinico ed esprimono il risultato sotto forma di “valore p”.

Un valore p di 0,05 significa che esiste una probabilità del 5%, cioè di 1 su 20 che la differenza sia dovuta al caso. Convenzionalmente questa viene considerata la soglia per accettare i risultati come “statisticamente significativi”. È importante rendersi conto che la parola “significativo” usata in questo contesto non ci dice nulla sull’importanza medica dei risultati ma ci rassicura semplicemente che difficilmente si tratta di un risultato accidentale. Per esempio, un aumento di un metro in una camminata di sei minuti potrebbe, in uno studio abbastanza ampio, dimostrarsi statisticamente significativo (cioè difficilmente avvenuto per caso), ma non essere considerato di valore clinico da un paziente con scompenso cardiaco o dal suo medico.

Un secondo gruppo importante di studi clinici, spesso condotti per studiare la sicurezza a lungo termine, assume la forma di studi “in aperto”, in cui non è presente alcun gruppo di controllo; ogni paziente viene trattato con il nuovo farmaco e la sua esperienza viene registrata. Non sono presenti (accidentalmente o grazie a reali effetti terapeutici) differenze tra gruppi e quindi non viene effettuata una verifica della significatività. Bilanciati contro questi inconvenienti, spesso gli studi in aperto includono un numero elevato di pazienti (fino a diverse migliaia) studiati per periodi di tempo prolungati (in alcuni casi, diversi anni). Quindi questi studi facilitano l’individuazione di effetti collaterali rari e di effetti che impiegano molto tempo a svilupparsi.

I risultati di questi studi sono presentati come semplici tabelle in cui sono elencati i diversi eventi avversi e la frequenza con cui sono stati osservati.